C’è qualcosa di ostinatamente fastidioso nell’involontario difetto che pregiudica l’esito di un procedimento lento e meticoloso. Potremmo paragonarlo alla nota che il soprano stecca durante un virtuosismo apparentemente collaudato attraverso una disciplina regolarmente applicata al dono della voce, in definitiva uno strumento. Simili “steccate” – prendiamo in prestito questo modo di dire dal mondo della musica – se riportate alla dimensione del vino, vengono dette “sentori di difetti”. Il più noto è il cosiddetto “sentore di tappo” di cui il principale responsabile è un fungo, un parassita della quercia da sughero. Prima di aprire una bottiglia, così come prima dell’inizio di un concerto, è impossibile sapere se il vino prenderà una “steccata” atterrando su una nota ( per così dire ) distorta e che l’olfatto – alla stregua dell’udito raffinato – è in grado di cogliere immediatamente. La conseguenza è un concerto di equilibri rovinati, da qui la necessità di un metodo in grado di arginare il danneggiamento irreversibile della “voce” del vino.
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iSensi: nasce il nostro laboratorio sinestetico
Cos’è un laboratorio sinestetico? Cos’è iSensi?
Se provi a dare ascolto alla sinestesia del desiderio, oggi, non è che sia semplice capire in che modo dovresti denudarla dalle continue incursioni del quotidiano. Quello che una volta facevano i sensi, infatti, era un raccolto – paziente, lento, generoso – dedicato a una organizzazione intima e molto delicata di ciò che percepiamo ed esprimiamo quando diciamo: vita. I nostri sensi si sono moltiplicati, come per osmosi, gemmando in altre variazioni sul tema.Visioni, esperienze, armonie, impressioni, gesti. In tutto questo grappolo di modernità, i sensi restano l’unico vero viaggio, non senza passato, e che conserva un tratto arcaico, quel che ci rende partecipi di una stesura infinita. Alla base di un laboratorio sinestetico, quindi, c’è un’esperienza elementare, archetipica: ogni forma ha un suono, ogni suono ha un sapore, ogni sapore è legato a un gesto, ogni gesto è il frammento di un rito, ogni rito genera una visione, ogni visione è una storia. Persino il gesto semplice ed elegante di versare il vino in un calice è legato – come i grani di un rosario antico – a una somma di tradizioni, narrazioni, memorie. Tutta l’involontaria armonia del vivere, si sprigiona dalla scintilla dei sensi.
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